Alternative Dimensions’ NFT Collection - IL FILO CHE CI LEGA

Breezy
Oct 25, 2022 5:55AM

Breezy sta curando la NFT-Collection 'Alternative Dimensions' per la piattaforma ArtTech V-Art e il Museo Nazionale Andrey Sheptytsky. Ogni settimana presenteremo uno dei capolavori del museo coinvolti nel progetto attraverso articoli dedicati ad approfondire il tema della conservazione della memoria e delle sue testimonianze storico-artistiche.

In questa vita siamo solo di passaggio. Brevi e fulgidi bagliori destinati a tramontare, corpi esposti all’inevitabile azione corrosiva del tempo. Nel ciclico alternarsi delle stagioni, siamo impronte sulla Terra: tracce più o meno visibili nel ricordo di chi ha condiviso parte del suo percorso con noi. In rari casi, una vita virtuosa viene ricordata per generazioni, la sua storia tramandata e il suo lascito diviene patrimonio dell’umanità. In casi ancora più eccezionali, anime di indescrivibile sensibilità e complessità, gli artisti, catturano le fragilità del proprio tempo o si addentrano nelle profondità di un futuro incerto. Gli artisti sfidano il tempo presente per proiettarsi nel futuro, spesso affidando se stessi a supporti materiali e tecniche artistiche meno persistenti delle loro idee. Eppure il nostro bisogno di sentirci parte di un disegno più ampio e non anime sole e accidentali, rende forte l’esigenza di preservare la memoria, in ogni sua manifestazione, cercando il confronto e il dialogo col passato. Ci riconosciamo ancora nella storia dell’arte? Siamo capaci di sostenere uno sguardo e lasciarci guardare senza vergogna? E di tendere la mano verso ricordi quasi dimenticati? Siamo ancora in grado di abbracciare e lasciarci abbracciare? Abbiamo sufficiente rispetto della terra che calpestiamo e di tutte le sue impronte invisibili?

Olena Kulchytska (1877-1967), Hutsul Mother, Museo Nazionale Andrey Sheptytsky

Poche cose hanno il potere di farci sentire protetti e “a casa” come l’abbraccio di una madre. Abbandonato il ventre materno, sperimentiamo per la prima volta noi stessi, nella nostra individualità. Ad accogliere questa sconvolgente rivoluzione, un pianto che è vita, liberazione, fame, aria nei polmoni. A quel grido di saluto al mondo risponde chi ha costruito quella tana meravigliosa che ci ha accolto e preparati al salto. É un conoscersi e riconoscersi istintivo, in cui il più vulnerabile si affida alle cure dell’altro, riponendovi la sua stessa vita.

Nell’abbraccio ci si abbandona all'ascolto dei battiti che, da dissonanti, si allineano per cantare all’unisono. In quel momento siamo uno, eppure sempre distinte unità; siamo differenti, ma pur sempre uniti. L’abbraccio è quel filo che ci lega.

Madre è chi ci ha portati in grembo, chi ci accoglie nella propria vita, chiunque risponda al richiamo di un figlio sperduto nel mondo, anche condividendo con lui solo un tratto di strada. L’artista ucraina Olena Kulchytska ha sentito infinite voci e risposto ad innumerevoli appelli nei suoi quasi 30 anni da insegnante d'arte nelle scuole secondarie di Leopoli e nella scuola femminile Przemyśl. Una sensibilità verso i giovani che trova espressione anche nella produzione artistica, incentrata su dipinti ad olio, acquerelli e illustrazioni - in particolare di libri per bambini - e che culmina, durante la prima guerra mondiale, nella realizzazione di una serie che racconta le sofferenze della popolazione civile, da cui se ne ricavano cartoline diffuse dal Comitato delle donne ucraine per aiutare i soldati feriti stanziati a Vienna. Opere che nella durezza della linea e nell’accuratezza tecnica del dettaglio raccontano gli orrori e le difficoltà di famiglie straziate dalla guerra, intrecciando uno stile indulgente ad un racconto colmo di malinconia: nonostante la guerra l’abbia allontanata dai figli che popolavano le sue aule, quel senso di protezione materno ha trovato nuovi percorsi per manifestarsi, dando voce, col suo lavoro, al dolore di tutte le madri ucraine.

Ma Olena Kulchytska è anche testimone del folclore e della tradizione del suo popolo, quale attenta ritrattista di costumi e indumenti tradizionali di tutte le aree etnografiche dell'Ucraina occidentale: dalle vesti maschili e femminili, sia invernali ed estivi, che delle festività e del quotidiano. Non a caso, la sua passione e dedizione furono riconosciute con l’ingresso al Dipartimento etnografico del Museo della Società scientifica di Shevchenko, a Leopoli. Essere portavoce della tradizione è un’ulteriore accezione del concetto di protezione: grazie a questo attento lavoro di censimento, una parte importante dell’identità nazionale del suo tempo continuerà a sopravvivere e sarà tramandata alle generazioni future. Come a dire che nella diversità riscopriamo la nostra unicità, senza bisogno di slegare il filo comune che ci lega.

Preservare l’arte equivale, come ormai abbiamo imparato, a proteggere in un abbraccio la memoria di ciò che siamo stati e ad accudire quella memoria per proiettarci nel domani.

Serena Nardoni, Storica dell'Arte e Editor

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