‘Alternative Dimensions’ NFT Collection - Sottovoce
Breezy sta curando la NFT-Collection 'Alternative Dimensions' per la piattaforma ArtTech V-Art e il Museo Nazionale Andrey Sheptytsky. Ogni settimana presenteremo uno dei capolavori del museo coinvolti nel progetto attraverso articoli dedicati ad approfondire il tema della conservazione della memoria e delle sue testimonianze storico-artistiche.
In questa vita siamo solo di passaggio. Brevi e fulgidi bagliori destinati a tramontare, corpi esposti all’inevitabile azione corrosiva del tempo. Nel ciclico alternarsi delle stagioni, siamo impronte sulla Terra: tracce più o meno visibili nel ricordo di chi ha condiviso parte del suo percorso con noi. In rari casi, una vita virtuosa viene ricordata per generazioni, la sua storia tramandata e il suo lascito diviene patrimonio dell’umanità. In casi ancora più eccezionali, anime di indescrivibile sensibilità e complessità, gli artisti, catturano le fragilità del proprio tempo o si addentrano nelle profondità di un futuro incerto. Gli artisti sfidano il tempo presente per proiettarsi nel futuro, spesso affidando se stessi a supporti materiali e tecniche artistiche meno persistenti delle loro idee. Eppure il nostro bisogno di sentirci parte di un disegno più ampio e non anime sole e accidentali, rende forte l’esigenza di preservare la memoria, in ogni sua manifestazione, cercando il confronto e il dialogo col passato.
Ci riconosciamo ancora nella storia dell’arte? Siamo capaci di sostenere uno sguardo e lasciarci guardare senza vergogna? E di tendere la mano verso ricordi quasi dimenticati? Siamo ancora in grado di abbracciare e lasciarci abbracciare? Abbiamo sufficiente rispetto della terra che calpestiamo e di tutte le sue impronte invisibili?
Study for Left Hand by School of Ludovico Gallina, 18th century, Sheptytsky National Museum
Lì dove gli occhi non vedono e le parole non bastano, c’è una “memoria ancestrale” che ci appartiene fin dalla nascita: il tatto. Appena nato, il bambino cerca il seno materno senza bisogno di affidarsi alla vista. Lo cerca con le mani, con la bocca. Lui già sa. Le mani sono il nostro modo di conoscere più primordiale ed è alla memoria tattile che ricolleghiamo sensazioni e sentimenti. Nell’arte, poi, non sono mancati esempi di virtuosismi tali da mettere in discussione il confine tra tela e realtà, ovvero superfici scultoree così levigate da poterne percepire il calore. Non a caso, Canova, come un moderno Pigmalione, era giunto ad applicare sulle superfici epidermiche una patina che simulasse il colore dell’incarnato.
Siamo intorno alla metà del Settecento, quando i grandiosi giochi di ombre e la spettacolarizzazione delle emozioni lasciano il posto ad un sentimento di ritrovato sapore classico, maestoso e composto, la “nobile semplicità e quieta grandezza” di cui ci racconta Winkelmann.
In un contesto, quindi, depurato dagli eccessi e dallo sfarzo del precedente capitolo storico-artistico, i sentimenti sono imbrigliati in rappresentazioni posate e composte, mentre gli occhi e i gesti tradiscono passione, comunicano un messaggio.
C’è un incredibile vocabolario nascosto dietro la gestualità, discorsi inaccessibili e misteriosi destinati a rimanere tali nel tempo. In questo disegno preparatorio ascrivibile alla scuola di Ludovico Gallina (1779), vediamo una mano rivolta verso la dimensione esterna al foglio, tanto da venire quasi istintivo porgere noi l’altra, per toccare il disegno. L’immagine che mi riporta alla memoria è quella della “stanza degli abbracci" dove, solo fino a pochi mesi fa, a separarci dall’altro era un diaframma di plastica trasparente. Ma il gesto qui rappresentato, che pure tira in ballo l’osservatore, probabilmente è piuttosto la sintesi iconografica di un discorso ispirato. Un monito? Forse è giusto che ciascuno di noi vi legga “quel discorso” di cui avrebbe bisogno, una raccomandazione, una rassicurazione o la conferma per una scelta che non riesce ad accettare. Incapaci di scegliere, a volte ci affidiamo al caso o al destino, come una chiromante interrogata per leggere la mano e svelare il futuro. Eppure, nel momento esatto in cui poniamo la nostra domanda, già abbiamo chiara la risposta.
E in questo schizzo leggero la nostra voce è un labile sussurro, un tocco lieve che sfiora le corde dell’anima. Nessun turbamento, nessun timore, solo un invito al dialogo interiore.
Serena Nardoni, Storica dell'Arte e Editor