Eleonora Brizi, Founder di Breezy Art, su FORBES
Federico Morgantini intervista Eleonora Brizi, critica e curatrice di Crypto Art, sulle opere d’arte NFT e il boom dei crypto artisti.
F.M.: Eleonora vorrei iniziare con una riflessione. Nel corso dei molteplici incontri di approfondimento che ho avuto il piacere di organizzare sul tema della Blockchain, ho sempre riscontrato una predominanza di nomi maschili, mentre quella che oggi vuoi raccontarci è una storia nuova, un’inversione di rotta di cui proprio questa tecnologia, nel mondo dell’arte, si è resa veicolo e strumento prezioso.
E.B.: Trovo sia davvero interessante questa puntualizzazione. In effetti la tecnologia Blockchain, grazie alla possibilità di mantenere l’anonimato, ha registrato un considerevole aumento della presenza femminile nel mondo dell’arte e, nello specifico, nella Crypto Art. A noi donne il compito di assumere questa responsabilità come nostra e portare avanti questo impegno.
F.M.: Ripercorrendo la tua storia e le tue esperienze, quello che voglio chiederti è: come sei approdata alla Crypto Art?
E.B.: la mia storia ha inizio nel 2012 in Cina. Laureata in lingua e civiltà orientali, ho intrapreso la mia prima esperienza professionale come assistente dell'artista Ai Weiwei, per quattro anni, e del curatore Jerome Sans, per due.
A dare una svolta alla mia vita è stato l’incontro avvenuto in Francia con lo scultore Wang Keping, che ho avuto l’onore di intervistare, fotografare e filmare per due settimane nel suo studio di Parigi. La mia tesi è stata la prima monografia scritta su di lui, membro tra l’altro del gruppo “Le stelle”, primo collettivo di arte contemporanea cinese nato alla fine degli anni Settanta. È grazie a Wang Keping che sono stata introdotta ad Ai Weiwei, con una lettera di presentazione e un biglietto di sola andata per Pechino.
Trascorsi sei anni dal mio arrivo in Cina, ho sentito l’esigenza di muovermi verso una nuova realtà. Ho scelto di spostarmi a New York, nel 2018, dove ho avuto accesso alla tecnologia Blockchain e alla sua applicazione nel mondo dell’arte. Qui sono venuta a conoscenza di un fenomeno emergente e di rilevante interesse per il panorama artistico del momento, la Crypto Art, ossia “l’arte su Blockchain”, partecipando ad una conferenza al National Art’s Club di Manhattan. Quello che ascolto è sconvolgente! La tecnologia Blockchain taglia qualsiasi intermediario: non ci sono più gallerie d’arte, curatori, banche…
F.M.: Ripercorrendo la tua storia e le tue esperienze, quello che voglio chiederti è: come sei approdata alla Crypto Art?
E.B.: la mia storia ha inizio nel 2012 in Cina. Laureata in lingua e civiltà orientali, ho intrapreso la mia prima esperienza professionale come assistente dell'artista Ai Weiwei, per quattro anni, e del curatore Jerome Sans, per due.
A dare una svolta alla mia vita è stato l’incontro avvenuto in Francia con lo scultore Wang Keping, che ho avuto l’onore di intervistare, fotografare e filmare per due settimane nel suo studio di Parigi. La mia tesi è stata la prima monografia scritta su di lui, membro tra l’altro del gruppo “Le stelle”, primo collettivo di arte contemporanea cinese nato alla fine degli anni Settanta. È grazie a Wang Keping che sono stata introdotta ad Ai Weiwei, con una lettera di presentazione e un biglietto di sola andata per Pechino.
Trascorsi sei anni dal mio arrivo in Cina, ho sentito l’esigenza di muovermi verso una nuova realtà. Ho scelto di spostarmi a New York, nel 2018, dove ho avuto accesso alla tecnologia Blockchain e alla sua applicazione nel mondo dell’arte. Qui sono venuta a conoscenza di un fenomeno emergente e di rilevante interesse per il panorama artistico del momento, la Crypto Art, ossia “l’arte su Blockchain”, partecipando ad una conferenza al National Art’s Club di Manhattan. Quello che ascolto è sconvolgente! La tecnologia Blockchain taglia qualsiasi intermediario: non ci sono più gallerie d’arte, curatori, banche…
F.M.: Però, tu mi insegni, in realtà i curatori d’arte stanno avendo un ruolo fondamentale per la Crypto Art.
E.B.: In realtà si tratta di un’inversione di rotta abbastanza recente. Nei miei primi approcci a questa realtà ho trovato forti resistenze da parte degli artisti ma, ovviamente, con l’amplificarsi del fenomeno e un’eco sempre maggiore, anche figure più tradizionali quali i curatori e le gallerie hanno trovato il loro posto nell’universo Crypto, raccontando le storie degli artisti e dell’arte. Direi, quindi, che queste figure, inizialmente dimenticate, sono tornate a svolgere il loro ruolo prezioso, pur consapevoli di doversi reinventare e trovare il loro posto nello spazio virtuale.
F.M.: New York ha anche visto la nascita della tua galleria…
E.B.: Sì, Breezy Art nasce nel 2018 a seguito di una chiacchierata con alcuni membri della community Crypto, dagli inaspettati risvolti. Mi sono infatti ritrovata a parlare con loro di un progetto tratto dal fumetto di Matt Furie, “Pepe the frog”, una raccolta di carte digitali. Da subito mi è sorto spontaneo chiedere se esistesse un catalogo, una documentazione relativa al progetto e, come risposta, mi sono trovata a lavorare con loro alla pubblicazione di quello che poi si chiamerà “The Rarest Book”, anch’esso tokenizzato su Blockchain. Con 1774 digital cards prodotte per la prima volta nel 2016, questo è stato il primo progetto d’arte sulla Blockchain. La consacrazione arriva nel 2018, con l’approdo di Rare Pepe nel mondo delle case d’asta, con la vendita di Homer Pepe all’incredibile cifra – per quei tempi – di 40.000 $.
Da qui nasce Breezy Art, con l’intento di gettare le basi per un ponte tra l’arte contemporanea, da cui provenivo, e le nuove tecnologie. Breezy Art è una galleria che ha totalmente ripensato il suo ruolo, concentrandosi esclusivamente sull’aspetto curatoriale, organizzando mostre fisiche e raccontando delle storie.
Con la mia galleria sono poi approdata, nel 2019, a Miami, per CADAF – Fiera dell’Arte Digitale, la prima dedicata interamente all’arte digitale e Crypto.
Il 2019 si conclude con il mio rientro in Italia e l’organizzazione di una piccola mostra virtuale con gli Hackatao, che decidiamo di chiamare “Cr(y)ptaly”, proprio perché nata allo scopo di sondare lo stato di recepimento e partecipazione degli artisti italiani al mondo dell’arte Crypto.
F.M.: Hai citato gli Hackatao, certamente tra gli artisti più rinomati in questo momento e promotori di una particolare scelta espressiva, ossia di mantenere la tela fisica sviluppando al contempo anche animazioni in realtà aumentata, tokenizzate su Blockchain e fruibili attraverso una particolare App disponibile per device elettronici.
E.B.: Esattamente. La nostra collaborazione, iniziata già nel 2019, si è consolidata particolarmente nell’ultimo anno con la mostra “Renaissance 2.02.0”, che ho curato a Roma ad ottobre 2020 nei musei della chiesa di San Salvatore in Lauro.
F.M.: Da lì sono seguite ulteriori importanti collaborazioni, tra le quali non possiamo non ricordare “Promised Land”.
E.B.: Questo progetto, che ci è stato proposto da Alessandro Mescoli dello spazio Crack di Castel Nuovo Rangone a Modena, è stata l’occasione per far dialogare il Mosè del Guercino con un’opera di Hackatao appositamente creata per la mostra. Si è trattato di una vera e propria sfida attraverso i secoli, immaginando il risveglio di un Mosè che, volgendosi verso il Mediterraneo, scopre che a distanza di tremila anni i flussi migratori non solo non sono mai terminati, ma addirittura sono privi di una guida. L’opera che Hackatao crea è una sirena che incanta i migranti alla ricerca della loro “Terra Promessa”. Una “promessa” che si realizza però solo per coloro i quali sono già approdati sulla terra ferma e non già da chi è ancora in viaggio per mare e potrebbe non raggiungerla mai.
Il messaggio che abbiamo voluto trasmettere, stavolta avulso da qualsiasi riferimento alla Blockchain e alla Crypto Art, è che l’arte muta costantemente nei suoi linguaggi, ma la sua voce non cambia mai.
F.M.: Ho ancora una domanda per te. Puoi parlarci della tua collaborazione come CAO - Chief Artistic Officer presso la startup italiana Reasoned Art?
E.B.: Sono stata contattata dal fondatore e co-fondatore di Reasoned Art (Giulio Bozzo e Andrea Marec) e da subito ho intravisto un’enorme potenzialità nel loro progetto di curatela. Sin dal primo momento mi è apparso evidente che sarebbe stato qualcosa di totalmente diverso dagli altri marketplace di arte digitale e Crypto, ossia lo strumento per creare quel ponte tra arte e nuove tecnologie di cui parlavo. La startup, infatti, non avrà solo una galleria virtuale, ma curerà anche mostre fisiche, creando un nuovo collezionismo che accompagni artisti e collezionisti verso il mondo della Blockchain.
Si tratterà di arte, curatela, contenuti, si creerà un manifesto e si considererà la Crypto Art per quello che in effetti è: un movimento artistico.