Il "valore assoluto" della proporzione
Breezy sta curando una mostra che si terrà a Roma, presso l’ex Cartiera sulla prestigiosa Via Appia Antica, il 22 - 30 aprile, per indagare il complesso rapporto tra essere umano e tecnologia con gli occhi del nostro tempo. Per accompagnare l’evento ed introdurre tutti gli artisti che vi prenderanno parte, abbiamo pensato di condividere con voi il processo di ricerca e studio che c’è dietro l’ideazione di un concept curatoriale dal titolo: I(m)perfection:le leggi della tecnica che dominano l'ordine e il caos. Lo faremo con dei brevi saggi che guarderanno alla tecnologia nel suo rapporto con il concetto di bellezza, nella sua evoluzione attraverso i secoli. Parleremo di arte e filosofia, di ordine e caos, di ponderazione matematica ed improvvisazione. L’interrogativo con cui vogliamo introdurvi alla lettura è: Dove risiede il concetto più puro e autentico di bellezza? Nella proporzione ed equilibrio delle forme o, piuttosto, nel caos indisciplinato?
Articolo di Serena Nardoni
Sul finire del Medioevo, all’alba dell’Umanesimo e del Rinascimento, si fa strada nella ricerca filosofico-artistica la necessità di un ritorno a quel concetto di perfezione dei corpi che tendeva a ricondurre ogni elemento del mondo naturale (soprattutto il corpo umano) a forme geometriche, estrema espressione di simmetria. È il cosiddetto fenomeno della riscoperta dei solidi platonici, ossia 5 poliedri regolari connotati da caratteristiche assenti in altri solidi geometrici:
- Essi sono innanzitutto formati da poligoni regolari e, in particolare, da triangoli equilateri, pentagoni o quadrati;
- Gli angoli solidi racchiusi tra due o più lati della stessa figura sono tutti omogenei tra loro;
- Sono gli unici poliedri convessi inscrivibili in una sfera con i vertici che toccano la superficie della stessa.
Il ricorrere di questi elementi ne conforma il carattere peculiare che li ha resi oggetto di studio e disegno particolarmente ambiti da parte non solo dei matematici, ma anche dei filosofi, che li hanno fantasiosamente ricercati in raffigurazioni cosmiche (Pitagora) o negli elementi fondamentali, ossia fuoco, terra, acqua e aria (Platone).
Nel suo Timeo, Platone dice:
Quando Dio prese ad ordinare l’universo, da principio il fuoco, l’acqua, la terra e l’aria erano tuttavia in quello stato come ogni cosa dalla quale Dio è assente, che fuoco, acqua terra ed aria siano corpi è chiaro a ognuno….ora bisogna dire quali siano i quattro bellissimi corpi dissimili tra loro, dei quali sono capaci, dissolvendosi, di generarsi reciprocamente. E se scopriamo la verità intorno all’origine della terra e del fuoco e dei corpi che secondo proporzione siamo in mezzo… convien quindi comporre queste quattro specie di corpi insigni per bellezza e allora diremo di aver compreso sufficientemente la natura.
Ma è con il Rinascimento che i solidi platonici si proiettano nel mondo dell’arte. Paolo Uccello, per la pavimentazione della basilica di S. Marco a Venezia si destreggia tra prospettiva ed estro geometrico col disegno di un inedito dodecaedro stellato.
Venezia, Basilica di San Marco. Dettaglio del pavimento: il dodecaedro stellato disegnato da Paolo Uccello, XV secolo.
Il Timeo è stato senza dubbio il testo sul quale si sono concentrati anche gli studi di un altro immenso esperto di prospettiva del suo tempo: Piero della Francesca, il quale ha dedicato ai cinque poliedri il suo “De quinque corporibus regularibus” (1482-1492).
Nel testo, l’artista cerca di dimostrare come ogni elemento fisico conosciuto sia riconducibile a volumi e forme apparentemente complesse, sempre scomponibili e riconducibili ai solidi platonici, in quanto forme basilari, eterne e perfette.
Di poco successive sono le riflessioni portate avanti da un genio indiscusso della storia dell’arte: Leonardo da Vinci. L’artista illustra con meravigliosi acquerelli il “De divina proportione” (1509), trattato di matematica in tre volumi ad opera dello studioso Luca Pacioli.
Le rappresentazioni di Leonardo esprimono la leggerezza, l’eleganza e la perfezione di queste figure appese ad un filo sottile e titolate con un cartiglio recante il nome latino del solido.
Luca Pacioli, De Divina proportione — tavole di Leonardo da Vinci
Luca Pacioli col concetto di “divina proporzione”, presentato nel primo volume, intende il rapporto aureo, ossia quello specifico valore, espresso con il simbolo greco Φ (PHI) e corrispondente al numero irrazionale 1,6180339887, risultante dal rapporto tra due grandezze positive di cui quella col valore maggiore è medio proporzionale tra la grandezza minore e la somma delle due.
Per semplificare, poniamo le due grandezze A e B, dove A è maggiore di B.
Se le due grandezze sono tali da formare una proporzione per cui A è medio proporzionale rispetto sia a B che alla somma A+B, allora il rapporto tra le due grandezze darà come valore il numero aureo.
Se A>B;
Se (A+B):A = A:B
Allora A/B = Φ
Perché “divina”? Possiamo individuare una serie di caratteristiche uniche nel loro genere:
1. Perché costituita da cifre diverse e non periodiche;
2. Perché è trina, essendo costituita da tre termini;
3. perché è indefinibile, in quanto irrazionale;4. perché è invariabile.
Nel secondo volume, Pacioli applica le sue riflessioni sulle proporzioni sia al mondo dell’architettura che al corpo umano, mentre il terzo sembra sia una traduzione in volgare dell’opera di Piero della Francesca (“De Corporibus regularibus”) altro illustre portavoce dei concetti di proporzione e prospettiva (vedi il suo “De prospectiva pingendi”, del 1460-1480, il primo trattato sistematico di prospettiva interamente illustrato).
Pur tradendo intuizioni non del tutto sue, a Pacioli non si può negare lo sforzo fatto per ricondurre ogni campo del sapere a rapporti matematici, quale espressione dell’agire di Dio. Il rapporto aureo sarebbe, quindi, una manifestazione del divino che ci circonda.
Per superare i confini della ricerca matematica e introdursi al mondo dell’arte, Pacioli trovò un ottimo interlocutore in Da Vinci, studioso di scultura e architettura, di botanica, zoologia, anatomia, astronomia, fisica (in particolare ottica), chimica, finanche di idraulica e meccanica.
Leonardo resta comunque sempre fedele ad una visione della prospettiva in chiave meno “matematica”, prediligendo il risultato artistico attento alle caratteristiche atmosferiche che ne influenzano la visione. Ciò che più rimarrà a Leonardo sarà il “De Divina Proportione” nello studio dei rapporti tra le singole parti del corpo umano e degli elementi naturali. Ne è un esempio l’illustrazione dell’uomo vitruviano, in cui la distanza tra l’ombelico e il terreno e l’intera altezza dell’uomo stanno in un rapporto aureo.
Leonardo da Vinci, Uomo vitruviano
Aprendo le nostre riflessioni al panorama europeo, le illustrazioni del “De Divina Proportione” furono decisive anche nello studio della prospettiva in Europa. Tra questi, Dürer entrò in contatto con Luca Pacioli durante un soggiorno a Bologna che vide il matematico impegnato in attività di docenza presso l’Università di Bologna intorno al 1506. In una lettera dello stesso anno, Dürer dice di volersi recare a “Bologna per amore dell’arte segreta della prospettiva che qualcuno è disposto a insegnarmi”. E questo qualcuno potrebbe essere stato proprio Pacioli. Da questo incontro il pittore acquisisce i rudimenti della prospettiva, guidato nella lettura del “De prospectiva pingendi” di Piero della Francesca e nel “De viribus quantitatis” di Pacioli, in cui solidi geometrici sono ricondotti a pianeti e corpi celesti (c.d. “Quadrati magici”). Albrecht Dürer, in Melencolia 1 (1514), inserisce proprio un quadrato magico, al di sopra della testa dell’angelo che simboleggia la melanconia. L’angelo, con in mano il sesto e ai piedi una riga, fissa attonito l’orizzonte con la testa pigramente adagiata sulla mano sinistra. Intorno alle sue vesti il pavimento è cosparso di oggetti simbolici: una sfera, un coltello a sega, una tavola, dei chiodi ecc. Il quadrato magico costituisce il tramite fra i pianeti e gli umori degli uomini.
Albrecht Dürer, Melencolia 1 (1514)
Le forme geometriche trovano ulteriore spazio in quegli schemi ripetitivi chiamati “frattali”, di cui Escher è stato uno dei massimi rappresentanti.
Il fascino dei frattali è legato soprattutto alla loro auto-similarità, ossia un sistema composto dalla ripetizione, a scale sempre più piccole, della stessa struttura che possiede a scale più grandi, creando uno schema che può essere replicato all’infinito (come le infinite ramificazioni di un albero)
Questo sistema di ripetizione suggerisce un senso di perfezione, piacevolezza e armonia, generando il perfetto mix tra prevedibilità e sorpresa. Il nostro cervello naturalmente ricerca schemi in tutto ciò che lo circonda e nella modalità di elaborazione del pensiero, quindi un’arte capace di restituire questo senso di ordine e proporzione diletta la mente e placa lo spirito.
È forse proprio in questi schemi, di cui matematici e studiosi di tutti i tempi hanno scritto, che la più pura essenza della bellezza può essere ricercata?
Dal film Escher – Viaggio Nell’Infinito, 2019, diretto da Robin Lutz