Dove il "Bello nell'arte" ebbe inizio
Breezy sta curando una mostra che si terrà a Roma, presso l’ex Cartiera sulla prestigiosa Via Appia Antica, il 22 - 30 aprile, per indagare il complesso rapporto tra essere umano e tecnologia con gli occhi del nostro tempo. Per accompagnare l’evento ed introdurre tutti gli artisti che vi prenderanno parte, abbiamo pensato di condividere con voi il processo di ricerca e studio che c’è dietro l’ideazione di un concept curatoriale dal titolo: I(m)perfection:le leggi della tecnica che dominano l'ordine e il caos. Lo faremo con dei brevi saggi che guarderanno alla tecnologia nel suo rapporto con il concetto di bellezza, nella sua evoluzione attraverso i secoli. Parleremo di arte e filosofia, di ordine e caos, di ponderazione matematica ed improvvisazione. L’interrogativo con cui vogliamo introdurvi alla lettura è: Dove risiede il concetto più puro e autentico di bellezza? Nella proporzione ed equilibrio delle forme o, piuttosto, nel caos indisciplinato?
Articolo di Serena Nardoni
Il termine tecnologia significa letteralmente "studio della tecnica". Deriva dal greco τεχνολογία (texnology), che è composto da τέχνη (téjne) , che significa "tecnica, arte, artigianato" e λόγος (lógos ), "studio, trattato". Tecnologia e arte sono, quindi, nati per essere sinonimi.
Si realizza, quindi, una triangolazione tra tecnologia, che è sinonimo di arte, ed essere umano, che è inventore e utilizzatore della tecnologia intesa come mezzo per indagare la realtà fisica, lo spazio circostante. Al tempo stesso, l’essere umano conosce con l’esperienza sensibile il mondo esterno e, attraverso il confronto con ciò che è altro da sé, acquisisce maggiore consapevolezza della propria identità e del proprio corpo.
Di questo sono fermamente convinti gli artisti greci dell’età Classica che, a partire dal VI secolo a.C., infondono alle proprie sculture il coraggio di conquistare un loro spazio, rompendo la rigida staticità dei kouroi di età arcaica. Questo processo di trasformazione è introdotto dall’Efebo di Krìtios (datato 480 a.C. circa), che in sé porta il germe della forza dirompente della produzione di Mirone e Policleto: il capo del giovane atteggia una leggera rotazione del capo e, pur essendo in posizione stante, presenta la gamba sinistra arretrata con conseguente rotazione e sollevamento del bacino. Si introducono, quindi, il concetto di movimento, equilibrio e ponderazione dei quali Mirone è tra i primi importanti sperimentatori. Di lui Cicerone diceva che, pur non avendo le sue sculture raggiunto pienamente la verità, non potevano non dirsi belle (secondo un canone di bellezza da intendersi quale perfetta imitazione della natura, che solo in età pienamente classica può dirsi raggiunto). Mirone indirizza la sua ricerca verso il movimento: del suo Discobolo (460-450 a.C.) l’artista sceglie di catturare proprio il momento immediatamente precedente il lancio, suggerendo a chi osserva la naturale prosecuzione dell’azione e il suo dialogo con lo spazio circostante.
Efebo di Crizio, 480 a.C. ca, Museo dell’Acropoli, Atene
Discobolo di Mirone, copia Lancelotti, 450 a.C. ca, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme, Roma
Lo spazio è, infatti, vera dimensione e metro di misura del nostro essere e abitare il mondo. Perfino il tempo in quanto tale non è altro che una diversa elaborazione dello spazio, che esprime la distanza tra diversi avvenimenti che possono coinvolgere direttamente o indirettamente l’individuo.
Con Policleto di Argo si raggiunge la sintesi perfetta tra movimento e stasi, tra ponderazione e proporzione, aprendo la strada all’esperienza dell’arte classica. Nel suo Doriforo (ca. 450 a.C.) l’artista mette in atto gli studi raccolti nel suo Canone, trattato in cui ragiona sui concetti di proporzionalità e simmetria del corpo umano. Plinio il Vecchio scrive di lui che è l’unico artista ad aver teorizzato l’arte con una sua opera. Teorie che la storia consegna nelle mani delle generazioni future, le quali nei secoli torneranno più volte a relazionarsi con questi modelli ideali di perfezione, fino ad affermare che l’imitazione del modello greco sia l’unico mezzo per ottenere lo stesso ideale di bellezza perseguito dai classici.
Una bellezza di cui i Greci fanno sia esperienza naturalmente, curando mente e corpo, che con lo studio e l’astrazione intellettuale per la creazione di un modello che trascende dalla realtà fisica ed è la manifestazione di una “natura spirituale, concepita solo intellettualmente”.
Doriforo di Policleto, originale 450 a.C.- copia romana fine II secolo a.C., originale in bronzo copia in marmo, Museo Archeologico Nazionale, Villa dei Papiri, Napoli
Ogni singolo elemento del corpo umano è ricondotto ad un modello universale di Bellezza: dai lineamenti della fronte e del naso (spesso protagonisti nelle riflessioni di Johann Joachim Winckelmann sul bello ideale) alle pieghe del corpo, che “una lieve curva fa nascere a guisa d’onda”. Nella mente riecheggia, come il verso di una poesia, il concetto di “nobile semplicità e quieta grandezza” del classico greco, coniato da Winckelmann, bibliotecario, storico dell’arte e archeologo tedesco. Il modello è quello del gruppo scultoreo del Laocoonte (copia marmorea del I a.C. - I d.C.) straziato da un’atroce sofferenza completamente oscura a chi lo osserva. Non un turbamento traspare dagli occhi o dalle movenze del corpo. Un dolore estremamente contenuto, indice di grandezza e nobiltà d’animo. In questa imperturbabilità dello spirito e del corpo, la vera essenza della Bellezza, che si lascia ammirare, restituendo pace e calma a chi la osserva, mentre nel profondo imperversa la tempesta.
Laocoonte, 40 - 20 a.C., marmo pario, Musei Vaticani, Città del Vaticano