Oltre il corpo, la perfezione è donna

Breezy
Mar 29, 2022 10:34AM

Breezy sta curando una mostra che si terrà a Roma, presso l’ex Cartiera sulla prestigiosa Via Appia Antica, il 22 - 30 aprile, per indagare il complesso rapporto tra essere umano e tecnologia con gli occhi del nostro tempo. Per accompagnare l’evento ed introdurre tutti gli artisti che vi prenderanno parte, abbiamo pensato di condividere con voi il processo di ricerca e studio che c’è dietro l’ideazione di un concept curatoriale dal titolo: I(m)perfection: le leggi della tecnica che dominano l'ordine e il caos. Lo faremo con dei brevi saggi che guarderanno alla tecnologia nel suo rapporto con il concetto di bellezza, nella sua evoluzione attraverso i secoli. Parleremo di arte e filosofia, di ordine e caos, di ponderazione matematica ed improvvisazione. L’interrogativo con cui vogliamo introdurvi alla lettura è: Dove risiede il concetto più puro e autentico di bellezza? Nella proporzione ed equilibrio delle forme o, piuttosto, nel caos indisciplinato?

ARTICOLO DI SERENA NARDONI

L’immagine del corpo femminile è sempre stata, nei secoli, veicolo di trasmissione non solo di un canone di bellezza estetico, ma anche di ideali sociali e politici.

Una teoria evoluzionistica fondata non tanto sull’adattamento alle condizioni di vita in senso stretto, quanto piuttosto sulla necessità di collocare la donna all’interno di questo “gioco di ruolo” che è il vivere sociale. Potremmo parlare per pagine e pagine di cosa sia significato (e significhi tutt’ora) essere una donna, tuttavia è proprio l’arte che ci ha insegnato il potere comunicativo delle immagini. Proprio attraverso l’arte possiamo scorgere la sensualità, la remissività, il potere, la devozione al lavoro e alla famiglia, la tristezza e la fierezza. Ecco che la figura della donna diviene specchio della società in cui vive, bilanciamento di forze ed emozioni contrastanti, metro di misura della civiltà d'un popolo e personificazione dei modelli scelti per lei dal potere maschile.

Perché investire la donna di una tale responsabilità? La risposta è piuttosto semplice e affonda le proprie radici agli albori della nostra storia: appartiene al Paleolitico superiore la famosa Venere di Laussel, rappresentazione di un corpo femminile formoso e generoso, simbolo di fecondità. Fecondità è vita, è prosieguo della specie e salvezza.

Venere di Laussel, 12.000 a.C.

Una funzione evidentemente utilitaristica della donna, senza troppo mistero o aspettativa. Componenti, queste ultime, che entrano con forza nelle raffigurazioni di donna in età egiziana. L’ideale di bellezza femminile in voga nell’Antico Egitto, infatti, corrispondeva ad un corpo esile, dalla vita alta e le spalle strette, con un volto simmetrico, dallo sguardo imperscrutabile e schivo, che comunicasse eleganza ed enigma, grazia e forza.

Ma è con la civiltà greca che si inizia ad affrontare il ruolo della donna nella società. Pur nella consapevolezza che fosse una figura subalterna all’uomo, difensore della patria, roccia della famiglia, detentore del potere politico e del sapere, in Grecia non mancarono esempi di rovesciamento di queste convinzioni. Le amazzoni ne sono un esempio lampante, in quanto donne mortali rappresentate come guerriere in lotta contro i Greci. La guerra è ciò che le rende donne, forti e uniche nella loro congrega, divenendo portatrici di una iconografia tutta loro che le vede rappresentate senza il seno destro, bruciato in giovane età per avere molta più forza nel braccio che tendeva l'arco ed impugnava l'arma.

Un destino, quello della donna-guerriera, portato alla sua massima espressione nella raffigurazione di Atena, una delle maggiori divinità del Pantheon greco. Eppure, per trovarsi con i suoi “colleghi”, Atena nasce da Zeus, divinità di sesso maschile, ed è costretta a rinunciare alla propria femminilità, rimanendo vergine.

Le amazzoni e la raffigurazione di Atena non possono quindi dirsi modelli ideali cui aspirare, per una ragazza greca… Piuttosto figure aggraziate, dolci e sinuose come le korai di età arcaica meglio si prestano ad esempi di virtù. Ma tra queste dolci e sommesse fanciulle una spicca nella storia per impudicizia e bellezza: è la Afrodite di Cnido, opera realizzata dallo scultore Prassitele intorno al 330 a.C. e passata alla storia per essere la prima statua di nudo femminile a grandezza naturale (l’originale è andato perduto, ma ne sono state realizzate centinaia di versioni in marmo).

Prassitele, Afrodite Cnidia, Copia romana da originale del 360 a.C. ca., marmo, altezza 215 cm. Città del Vaticano, Musei Vaticani, Museo Pio-Clementino

A questa rivoluzione dobbiamo guardare non tanto come una mera svolta stilistica, bensì come una rivalutazione del genere femminile nella sua rappresentazione iconografica, con tutte le implicazioni relative alle reazioni che una rappresentazione così erotica avrebbe comportato.

Non a caso, la storia dell’arte è stata attraversata, nei secoli, da forme di agalmatofilia, passioni carnali per le opere d’arte, così intense da condurre alla follia. Proprio la Venere di Cnido è stata protagonista di un simile episodio, come raccontano lo Pseudo-Luciano nei suoi Amores e Filostrato nella sua Vita di Apollonio di Tiana, senza dimenticare la storia di Pigmalione.

Imbrigliare la provocante nudità è un concetto che accompagnerà tutto il periodo Medievale, dove la donna è martire, santa e Vergine. Con il Rinascimento, si abbandona il retaggio cristiano per approcciare ad una nuova concezione di corpo. Laddove tutto era motivo di studio, interesse e accrescimento culturale, il corpo non va nascosto, ma indagato. Un’immagine ben nota alla storia dell’arte è l’Allegoria della Primavera, in cui avviene l’esaltazione della donna quale forza motrice della natura nel suo essere simbolo di amore fisico e che personificazione delle arti

Sandro Botticelli, Primavera, 1477, Galleria degli Uffizi, particolare

Ai pochi dotati di particolare maestria nelle arti, la possibilità di dare libero sfoggio delle proprie capacità, lanciandosi in sfide a colpi di anatomia e sensualità.

Nascono donne procaci, a volte gentili e sinuose, altre muscolose e possenti, dalle fattezze maschili. Il corpo è armonia, perfezione, si presta ad essere ammirato, certamente, ma ora si lavora sul dettaglio: il gesto, lo sguardo, il non detto.

Cosa aggiungere delle meravigliose Madonne di Raffaello?

Raffaello Sanzio, Madonna della seggiola, 1514, Palazzo Pitti, Firenze

Le sue donne sono madri accoglienti, che celano nell’espressione tutto l’amore e il dolore di un destino già scritto.

Racconti di donne diverse nei secoli, ma pur sempre uguali a se stesse nel proprio momento storico. Una rottura spazio-temporale è avvenuta laddove si è introdotto un elemento di diversificazione sociale che toccasse non solo gli uomini, ma anche le donne: è l’avvento della rivoluzione industriale sul finire del Settecento. È così che convivono nella stessa epoca donne operaie, dedite al lavoro nei campi (poi anche votate alle rivolte sociali e al lavoro in fabbrica anche come risposta alle terribili carestie del periodo) e di alta borghesia, dedite alla quieta quotidianità familiare, alle passeggiate domenicali e agli eventi mondani. Si fa strada l’emancipazione femminile e l’autodeterminazione di sé, seppur con ritmi diversi in ciascun paese europeo.

Addirittura, con la sua “Olympia” Manet si palesa quella tradizione iniziata da Tiziano, passando per Goya con la “Maja Desnuda“, che racconta la donna in una professione inequivocabile.

1. Tiziano, Venere di Urbino, 1534, Galleria degli Uffizi - 2. Goya, Maja Desnuda, 1797–1800, museo del Prado, Madrid - 3. Manet, Olympia, 1863, Musée d'Orsay, Parigi

Questo maggior coinvolgimento sociale si traduce, in epoca vittoriana, in una donna colta, amante delle arti, quali letteratura, musica e pittura, ma pur sempre innocua, come un cammeo prezioso che adorni la casa e il suo uomo. Un rischio che Klimt accarezza nei suoi dipinti, con protagoniste figure femminili di un erotismo terribile e cruento.

Giuditta I, Gustav Klimt, 1901, Österreichische Galerie Belvedere, Vienna

Il nudo femminile nel Novecento indossa e mostra la propria sensualità con una completa inversione di rotta rispetto allo scenario da cui siamo partiti, quando l’unico nudo ammesso nell’arte era quello maschile.

Oggi, liberi da qualsiasi pregiudizio, raccontiamo non più un genere, relegato ad uno status o ruolo sociale, ma l’armonia, la fluidità e la storia che scorre tra le tortuose curve e le pieghe della pelle.

La perfezione non è nelle forme del corpo, ma nell’equilibrio tra ciò che appare e ciò che si è nel profondo. È davvero così indispensabile indagarne l’identità? Forse il segreto per cogliere il cuore e l’intelletto di un essere umano sta nel non lasciarsi distrarre dall’aspetto.

Breezy